Alessandro Puglisi – Tohoku Univeristy, Sendai, Japan
Quali differenze hai riscontrato tra il sistema didattico dell’università ospitante e quello del tuo ateneo di origine, in particolare riguardo ai corsi di ambito tecnico come controllo, automazione o robotica?
Durante il mio periodo di scambio presso la Tohoku University ho frequentato un corso di Esperimenti di Laboratorio, ed uno di teoria del controllo. Il primo è stato per me molto diverso rispetto a ciò a cui ero abituato. Ho avuto infatti modo di sperimentare fisica, meccanica, elettronica e teoria del controllo in una serie di esperimenti settimanali, raccogliendo i dati e vedendo le formule prendere vita. Il corso di teoria del controllo è stato molto più semplice rispetto a ciò a cui ero abituato nei corsi del Politecnico (completi quanto impegnativi a volte), ma molto interessante nelle consegne settimanali, in cui ciò che veniva visto a lezione doveva essere implementato tramite strumenti software (come MATLAB). L’approccio di insegnamento è molto diverso, ma ciò che più mi ha colpito è l’orientamento verso la ricerca in laboratorio per gli studenti dei corsi magistrali. Gli studenti magistrali infatti devono scegliere un laboratio di cui far parte, e sin dal primo anno i corsi sono una piccola parte della loro vita universitaria, prevalentemente svolta in laboratorio. Anch’io ho avuto modo di far parte di un laboratorio nei miei 5 mesi di permanenza (il laboratorio di robotica spaziale), e lì ho perfezionato e testato le mie conoscenze nel mondo della robotica. Il lavoro svolto lì infatti è diventato la mia tesi magistrale


In che modo l’esperienza di mobilità ha contribuito ad ampliare le tue competenze tecniche e/o pratiche nel campo dell’automazione e del controllo? Hai avuto accesso a laboratori, progetti o tecnologie particolarmente rilevanti?
Il mio programma di scambio è stato incentrato sulla ricerca, come membro di un grande laboratorio di robotica spaziale dell’univeristà (più di 100 membri divisi in vari team). Data la natura dell’accordo di scambio, ho passato moltissime ore in laboratorio, implementando e testando algoritmi per un innovativo prototipo di robotica d’esplorazione spaziale. Nelle prime fasi ho lavorato al software, imaparando ed usando strumenti fondamentali per chi vuole lavorare nella robotica. Infine, ho testato ciò che ho visto per ore su uno schermo, in un vero robot, vederlo muovere come avevo programmato è stato emozionante. Questa esperienza è stata fondamentale per la mia preparazione tecnica, mettendo in pratica i concetti teorici acquisiti in diversi corsi triennali e magistrali del Politecnico. Il mio curriculum e le mie competenze hanno subito una crescita increadibile, che ha influito in molti colloqui effettuati dopo la laurea.
Hai avuto occasione di lavorare su progetti internazionali, in team multiculturali o con docenti/ricercatori di altre nazionalità? Se sì, cosa hai imparato da queste interazioni, anche in termini di soft skills?
Durante lo sviluppo del mio progetto di ricerca con lo Space Robotics Lab sono stato circondato da persone provenienti da tutto il mondo. Il professore a capo del laboratorio e molti colleghi erano ovviamente giapponesi, ma la mia professoressa referente era di origini indiane, i miei “compagni di laboratorio” venivano dalla Germania, da Singapore, e dall’america… e la lista sarebbe molto lunga. Altri team collaboravano con istituti di ricerca provenienti da altre parti del mondo (come l’Italiana IIT), attraverso incontri online settimanali per scambiare idee e nuove scoperte. Quasi ogni settimana dovevo partecipare e presentare degli aggiornamneti in meeting del mio team (il “Rover Team”), e altri con tutti i membri del laboratorio (composto da 6 team). Questo è stato sicuramente impegnativo a volte, ma molto stimolante, e mi ha permesso di migliorare nella preparazione ed esposizione di presentazioni, e nella coordinazione in grandi gruppi di ricerca. Inoltre, alla fine dello scambio, tutti gli studenti stranieri hanno dovuto presentare i risultati della loro ricerca, in una vera e propria conferenza scientifica.
Dal punto di vista personale, quali sono state le sfide maggiori che hai affrontato durante il periodo all’estero e in che modo pensi che abbiano influito sulla tua crescita, sia accademica sia umana?
Le differenze culturali e linguistiche potranno essere un grande ostacolo all’inizio, soprattuto se si decide di andare in luoghi molto distanti dallo stile di vita europeo. Inizialmente sono stato preoccupato anche da quanto la mia futura città, Sendai, mi sembrasse isolata (probabilmente adesso la stai cercando online, non essendo molto famosa fuori dal Giappone). Inoltre la possibilità di trovare una didattica completamente diversa faceva parte della lista del “ma siamo sicuri?”. Tutte queste paure si sono trasformate in delle occasioni di crescita come persona, e come studente. La distanza di Sendai dale gigantesche metropoli giapponesi mi ha permesso di vivere il paese nella sua intimità, e col tempo mi sono sentito parte di quella cultura. Le differenze nella tipologia delle lezioni e degli esami mi ha permesso di avere un approccio diverso allo studio, più improntato alla pratica e alla ricerca di fonti di studio supplementari. Questo mi ha insegnato ad usare al meglio le risorse a disposizione e ad applicare al meglio ciò che studiavo attraverso esempi pratici.
Consiglieresti questa esperienza ad altri studenti di Automation and Control Engineering? Quali aspetti ritieni più rilevanti da considerare prima di intraprendere un percorso di mobilità internazionale?
Questa esperienza mi ha aperto tantissime strade, e mi ha mostrato la bellezza di ciò che studiamo, a volte senza capirne il perchè. Ritengo che intraprendere un viaggio in un luogo molto distante come il Giappone possa fare paura, ma il coraggio sarà ripagato in molti modi. Se dovessi tornare indietro, rifarei questo scambio senza alcun dubbio, e non potrei essere più convinto nel consigliarlo. E’ importante però notare che il programma di scambio va ben preso in considerazione durante la scelta della meta. Nel mio caso, più che uno studente ero un vero ricercatore dell’università, per questo motivo partire l’ultimo semestre della magistrale è stato importante. Le conoscenze con cui sono arrivato lì sono state fondamentali per sfruttare al meglio le opportunità che l’università partner aveva da offire. Per questo motivo penso che bisogni scegliere la propria meta consapevoli del programma di scambio e delle specialità dell’università, ma anche delle proprie passioni e interessi. Io appassionato alla robotica, e affascinato dalla cultura giapponese ormai da molti anni, ho vissuto in un sogno.