Alessandro Riva – Doppia Laurea presso KTH, Stoccolma
Quali differenze hai riscontrato tra il sistema didattico dell’università ospitante e quello del tuo ateneo di origine, in particolare riguardo ai corsi di ambito tecnico come controllo, automazione o robotica?
Le due università hanno stili di insegnamento molto diversi tra di loro. Al Politecnico è la teoria è predominante, mentre al KTH di Stoccolma tutti i corsi sono accompagnati da progetti / assignment settimanali. I corsi di controllo e robotica che ho svolto mi hanno consentito di applicare le conoscenze e imparare anche la parte applicativa, ad esempio testare algoritmi di controllo su robot mobili concreti e disponibili nei laboratori dell’università. L’esame finale è quasi sempre presente, ma costituisce solo una parte della valutazione finale.
In che modo l’esperienza di mobilità ha contribuito ad ampliare le tue competenze tecniche e/o pratiche nel campo dell’automazione e del controllo? Hai avuto accesso a laboratori, progetti o tecnologie particolarmente rilevanti?
Studiare al KTH mi ha permesso di ampliare le mie conoscenze pratiche durante i corsi. L’università offre laboratori all’avanguardia nel campo della robotica e della smart mobility, che ho avuto modo di scoprire sia durante le lezioni che nella fase di tesi. In particolare, in uno dei corsi ho collaborato con altri colleghi allo sviluppo di algoritmi di guida autonoma, testati direttamente su un’auto radiocomandata autonoma. Questo progetto mi ha permesso di approfondire in modo significativo anche gli aspetti implementativi. Oltre ai corsi, ho avuto modo di collaborare con il laboratorio di robotica durante l’estate, contribuendo al suo aggiornamento attraverso l’integrazione di nuovi sensori e un computer più avanzato.
Hai avuto occasione di lavorare su progetti internazionali, in team multiculturali o con docenti/ricercatori di altre nazionalità? Se sì, cosa hai imparato da queste interazioni, anche in termini di soft skills?
Il KTH di Stoccolma è un contesto fortemente internazionale: molti dei miei professori non erano svedesi, e il più del 30 % degli studenti è internazionale. In ogni progetto accademico ho avuto l’opportunità di collaborare sia con studenti svedesi che con compagni di altre nazionalità, arricchendo la mia prospettiva e il lavoro di squadra. Al di fuori della parte didattica, ci sono tante associazioni e gruppi universitari, ideali per fare nuove amicizie. Tra queste, ho preso parte a un’associazione studentesca gestita da studenti internazionali, impegnata nell’organizzazione di attività di accoglienza per i nuovi studenti internazionali che arrivano ogni anno a Stoccolma. Vivere in un contesto così dinamico e multiculturale mi ha aiutato a conoscere e valorizzare culture diverse, migliorando le mie capacità di collaborazione e lavoro in team.
Dal punto di vista personale, quali sono state le sfide maggiori che hai affrontato durante il periodo all’estero e in che modo pensi che abbiano influito sulla tua crescita, sia accademica sia umana?
Vivere all’estero rappresenta una sfida significativa dal punto di vista personale: trasferirsi da soli in un paese che non si conosce, senza conoscere la lingua, è stato spaventoso all’inizio. Questa esperienza mi ha forzato ad uscire dalla mia zona di comfort, diventando un periodo di grande crescita personale. Il KTH, grazie al suo contesto fortemente internazionale, offre molte occasioni di incontro per i suoi studenti, aiutandoli a stringere nuove amicizie e creare una sorta di “famiglia” lontano da casa durante il loro periodo all’estero. Tramite questi eventi ho conosciuto molti amici con cui ho condiviso la mia esperienza e che mi hanno permesso di vivere serenamente anche la parte accademica. Tali amicizie rimangono anche al termine dell’esperienza all‘estero.


Consiglieresti questa esperienza ad altri studenti di Automation and Control Engineering? Quali aspetti ritieni più rilevanti da considerare prima di intraprendere un percorso di mobilità internazionale?
Raccomando vivamente a tutti di intraprendere un’esperienza di studio all’estero, che si tratti di una mobilità breve come un Erasmus o un percorso più lungo (come il mio) di doppia laurea. È una preziosa occasione di crescita accademica e soprattutto personale: insegna ad adattarsi ad un sistema accademico diverso e ad uno stile di vita diverso. Dal punto di vista pratico, prima di partire, è utile informarsi bene sull’offerta accademica dell’università ospitante, in modo da trovare corsi che possano essere sia compatibili con quelli offerti dal Politecnico, ma anche corsi che siano complementari all’offerta del Politecnico.
In che cosa consiste il programma di doppia laurea, come si differenzia dal programma erasmus?
Rispetto al programma Erasmus, il percorso di doppia laurea è più lungo e prevede lo svolgimento di un numero maggiore di esami presso l’università ospitante. Nel mio caso, ho sostituito tutto il 2° anno di magistrale con un periodo di un anno e mezzo al KTH, durante il quale ho sostenuto gli esami poi riconosciuti dal Politecnico, oltre a corsi tecnici aggiuntivi e di lingua svedese. Una delle particolarità del programma è la supervisione congiunta del progetto di tesi da parte di docenti di entrambe le università, con la discussione finale che avviene in entrambi gli atenei. Al termine del percorso si ottiene anche il titolo di laurea dall’università partner. Ricordo con piacere la cerimonia di laurea a Stoccolma: un momento speciale per celebrare questa importante tappa.