Riccardo Rizzo – Universitat Politècnica de València, Spagna
Quali differenze hai riscontrato tra il sistema didattico dell’università ospitante e quello del tuo ateneo di origine?
Le principali differenze che ho riscontrato rispetto al Politecnico di Milano riguardano il numero di studenti per corso, il metodo di insegnamento e i criteri di valutazione. In particolare, tutte le classi a cui ho preso parte erano volutamente composte da un massimo di 20-30 studenti, il che favoriva un’interazione diretta e costante con i docenti. Questo approccio comportava, da un lato, l’obbligo di frequenza alle lezioni e, dall’altro, una
valutazione più personalizzata da parte dei professori, con i quali ci si confrontava quotidianamente. Inoltre, in molti corsi, la valutazione finale si basava principalmente su piccoli test mensili, facilmente sostenibili stando al passo con le lezioni.
Un’altra differenza che ho riscontrato è stata la presenza costante, in quasi tutti i corsi, di attività di laboratorio che aiutavano a consolidare la teoria appresa di volta in volta e stimolavano l’apprendimento teorico al fine dell’applicazione pratica. Infine, ho notato che tutti i laboratori e progetti previsti venivano molto spesso svolti durante l’orario accademico per non sovraccaricare troppo lo studio individuale al di fuori dell’università.
In che modo l’esperienza di mobilità ha contribuito ad ampliare le tue competenze tecniche e/o pratiche nel campo dell’automazione e del controllo? Hai avuto accesso a laboratori, progetti o tecnologie particolarmente rilevanti?
L’esperienza all’estero mi ha permesso di ampliare in modo significativo le mie competenze pratiche e ha stimolato ulteriormente il mio interesse per i temi dell’automazione e del controllo. In particolare, ho seguito un corso sul controllo delle macchine elettriche che si è svolto interamente in laboratorio, dove avevamo a disposizione variatori di frequenza e diverse tipologie di macchine elettriche su cui effettuare test pratici con regolarità. Ho frequentato anche un corso di automazione industriale in cui la valutazione finale prevedeva la realizzazione di un progetto che utilizzasse i software e i toolbox appresi durante le lezioni. Ho apprezzato molto questo insegnamento perché mi ha dato l’opportunità di sviluppare un’idea personale e applicare in modo concreto le competenze acquisite. Infine, ho seguito anche un corso di robotica che prevedeva, in parallelo alle lezioni teoriche, la costruzione e programmazione, tramite Arduino, di un piccolo braccio robotico con cui, ancora una volta, mettere in pratica le competenze apprese di volta in volta.
Hai avuto occasione di lavorare su progetti internazionali, in team multiculturali o con docenti/ricercatori di altre nazionalità? Se sì, cosa hai imparato da queste interazioni, anche in termini di soft skills?
Non ho lavorato su progetti internazionali, ma ho avuto modo di lavorare a diversi progetti universitari in team multiculturali. I numerosi laboratori e lavori di gruppo, previsti dalla maggior parte degli insegnamenti, mi hanno dato l’opportunità di collaborare con studenti internazionali provenienti da contesti accademici e culturali differenti dal mio. Questo mi ha permesso di confrontarmi con approcci e metodi di lavoro diversi, arricchendo così le mie competenze e la collaborazione anche in un contesto multiculturale.
Dal punto di vista personale, quali sono state le sfide maggiori che hai affrontato durante il periodo all’estero e in che modo pensi che abbiano influito sulla tua crescita, sia accademica sia umana?
Prima di partire per l’Erasmus avevo scelto un piano di studi con solo materie in lingua inglese, ma una volta arrivato e a pochi giorni dall’inizio delle lezioni, mi è stato comunicato che tutti i corsi che avevo scelto avevano già raggiunto il numero massimo di iscritti. Per questo motivo, ho dovuto completamente rivedere il mio piano di studi e iscrivermi a insegnamenti tenuti in spagnolo, perdendo anche i primi giorni di lezione nel tentativo di capire quali corsi seguire. Alla fine, la vera sfida non è stata tanto la lingua, quanto il dover riorganizzare tutto in tempi brevi. Infatti, contrariamente alle mie aspettative, dal momento che le classi erano di dimensioni ridotte e i docenti si sono sempre mostrati molto disponibili nel fornire spiegazioni aggiuntive o materiale extra, soprattutto agli studenti internazionali, studiare in spagnolo non si è rivelato poi così complicato. L’esperienza Erasmus, nel complesso, mi ha aiutato a diventare più autonomo, a gestire meglio le difficoltà e ad adattarmi rapidamente a nuove situazioni. Mi ha anche permesso di conoscere un nuovo ambiente lavorativo internazionale, rafforzando non solo le mie competenze accademiche, ma anche quelle personali.
Consiglieresti questa esperienza ad altri studenti di Automation and Control Engineering? Quali aspetti ritieni più rilevanti da considerare prima di intraprendere un percorso di mobilità internazionale?
L’Erasmus è un’esperienza che tutti dovrebbero fare almeno una volta. È un’opportunità unica per immergersi, anche solo per un periodo limitato, in un contesto nuovo e diverso. Ti permette di prenderti del tempo per te stesso, di scoprire nuove realtà e di crescere molto a livello personale. Non è detto che tutto vada sempre come ci si aspetti, ma è certo che si torna con maggiore sicurezza in sé stessi, più consapevoli e arricchiti da un bagaglio culturale che solo un’esperienza del genere può offrire. Mi sento di consigliare vivamente l’Erasmus a tutti gli studenti perché offre la possibilità di apprendere molto, sia dal punto di vista accademico che umano. Infatti, anche al di fuori dello studio, si ha l’occasione di conoscere tantissime persone nuove, sia locali che internazionali, provenienti da tutto il mondo, accomunate dalla stessa voglia e curiosità di scoprire nuove culture e con cui si creano legami di amicizia unici e duraturi. Per concludere, credo che l’aspetto più rilevante da considerare prima di partire per un’esperienza all’estero sia la voglia di mettersi in gioco e la giusta motivazione. Tutto il resto vien da sé.